01
L’arte
All’inizio era il verbo.
Oltre al pollice opponibile, una delle caratteristiche che differenzia l’uomo dagli altri essere viventi è il bisogno atavico e vorace di narrazioni. Abbiamo bisogno di raccontare le nostre storie, di ascoltare quelle altrui, immedesimarci, vivere e riprodurre emozioni. È questione scientifica da neuroni-specchio ed è anche questione creativa – ridurre tutta la nostra esistenza a un insieme di micro-scariche elettro chimiche non è molto affascinante, no? –
Lo storytelling risponde a questo bisogno, o ancor meglio lo suscita ancor prima che si manifesti autonomamente. Storytelling è l’arte del narrare di un brand, di un prodotto, di un’identità, di sé stessi. È raccontare una storia che scateni una sensazione, uno stato d’animo, una predisposizione, in modo controllato.
02
Mica ‘na favoletta
La verità vince, sempre.
Oggi ci riferiamo comunemente allo storytelling come una tecnica narrativa finalizzata ad amplificare le operazioni di marketing e comunicazione. Una narrazione che rischia di confondersi con una favoletta raccontata al cliente di turno, per farlo sentire parte di un ecosistema di cui in fondo è l’ultima ruota del carro.
La nostra strategia di storytelling si concentra invece sulla verità. È trasmettere l’identità del brand nella sua essenza, valorizzandone i punti di forza e lavorando sulle debolezze. Il tempo di nascondersi dietro un dito è terminato, giunge il tramonto delle attività basate sul modello di business vendo e poi scompaio.
La verità paga sempre (d’altra parte, la narrazione è nata dal desiderio di tramandare informazioni) , attraverso narrazioni reali o fantastiche, classiche o fantasiose, realistiche o surreali. Cerchiamo la narrazione adatta per un marchio come il libro preferito per una persona: anche se non la cita, ti dice tutto di lei.